Addio a De Mauro
Un vero Maestro di rara gentilezza
Giovedì 5 gennaio si è spento a Roma, all'età di 84 anni, Tullio De Mauro: un amico e un Maestro.
Era nato a Torre Annunziata (Napoli) il 31 marzo 1932.
Subì diversi lutti familiari. Il fratello Mauro De Mauro, giornalista d'inchiesta all'Ora di Palermo, fu sequestrato e ucciso dalla mafia nel 1970. Il suo corpo non fu mai ritrovato. L'insigne linguista parlava poco del fratello, ma spese ogni energia affinché si facesse piena luce sulla scomparsa dell'amato fratello.
La sua opera „Storia linguistica dell'Italia unita", del 1963, fu una sorta di folgorazione. Il giovane studioso non si accontentò più di una storia volta ai cambiamenti interni della lingua sul piano sintattico, grammaticale e logico, ma la proiettò sulle vicende reali degli italiani. Calò la sua analisi nel parlato quotidiano. Si prodigò per una reale alfabetizzazione della nazione e mise in luce anche le storture nel corso di questo processo. Impresse una svolta, nei linguisti e negli insegnanti più motivati, meno conservatori e meno rassegnati, il modo di guardare all'italiano, alla sua storia e al suo insegnamento. L'opera di De Mauro continua a dirci che la storia linguistica di una nazione è intimamente e inestricabilmente connessa con le sue vicende economiche, sociali, politiche e culturali, e che è impossibile ricostruirla prescindendo da queste. L'opera portò all'attenzione dei suoi lettori il tema della responsabilità della scuola nella mancata sconfitta dell'analfabetismo, nel protrarsi del fenomeno degli abbandoni scolastici e nell'adozione di modelli linguistici e didattici superati. Un tema che s'impose anche per la passione civile con cui De Mauro lo ripropose in innumerevoli interventi pubblici.
Nel 2000-2001 fu Ministro della Pubblica Istruzione nel governo presieduto da Giuliano Amato.
Ha ideato e diretto opere e collane editoriali per alcuni tra i maggiori editori italiani (Laterza, UTET, Paravia, Editori Riuniti). Ha collaborato a radio e televisione ed è stato costantemente presente nella stampa italiana. Per diversi anni ha curato per il settimanale „L'Espresso" una fortunata rubrica sui problemi della scuola. I suoi lavori sono stati tradotti in molte lingue.
L'opera monumentale che porta la sua firma è il GRADIT: Il Grande Dizionario della lingua italiana.
Intuì che per milioni d'italiani la televisione poteva diventare un veicolo di formazione linguistica e identitaria degli italiani. Mi piace qui ricordare che ha portato agli onori dell'accademia personalità che potevano apparire marginali dal punto di vista di una storia linguistica intesa più dottrinariamente come: Pier Paolo Pasolini, il Principe Antonio De Curtis in arte Totò e Mike Bongiorno.
Il filo rosso del rapporto tra rigore scientifico e passione civile è stato supportato da un tratto umano raro, soprattutto nell'accademia e anche nel mondo intellettuale, e che è la presenza in lui di una spiccata ironia e autoironia. Era uno che sapeva anche ridere, ridere di cuore e sapeva anche sorridere di sé. Questo tratto umano faceva parte della sua grandezza intellettuale e umana.
Metteva spesso l'accento sulla giusta e necessaria risonanza che debbono avere anche le diverse varietà e realtà minoritarie che si compenetrano e convivono sul nostro territorio. Un occhio di riguardo lo riservò anche al ladino. Il „Dizionario italiano-ladino gardenese" si apre con una sua prefazione. De Mauro ha seguito con interesse fin dalle prime elaborazioni questa opera lessicografica. Il suo contributo è stato fondamentale. Ho avuto il privilegio di poter dialogare a lungo con lui di questioni lessicografiche, ma anche di impegno e passione civile e sociale. Era di una umiltà disarmante e un ascoltatore attento e rispettoso. Riusciva sempre a farti sentire a tuo agio.
Con la cultura – diceva – a detta di qualche politico illuminato non si mangerà, ma si cresce con una certa solidità. È come una bussola per orientarsi nel mondo della diversità che ci aspetta. La cultura non è ciò che sappiamo, ma ciò che siamo, è la sintassi delle relazioni umane e sociali.
Erano diversi anni che non veniva più in montagna. Ognitanto mi confidava, con una punta di nostalgia, il suo antico e mai sopito amore per la Val Gardena e i suoi monti, che per anni era stata meta privilegiata sua e della sua famiglia.
L'autorità che un altro esercita su di noi non viene né dalla sua posizione né dalla sua fama, nasce spontaneamente d'acchito verso colui di cui avvertiamo docilmente la superiorità.
Felice il giorno in cui lo conobbi di persona: coincideva con l'idea che mi ero fatto leggendo i suoi scritti.
Tullio De Mauro era una persona gentile e dabbene: un galantuomo. Una di quelle persone che continueranno a vivere, a raccontarsi dentro noi grazie al loro insegnamento e al loro modo speciale di regalarsi alla vita e a noi.
Selva Gardena, 6 gennaio 2017
Marco Forni